SUL FURTO DEL  1975 AD URBINO

di Lucius F. Shlingher

Febbraio 1980

  

Mi colpì la mente, Auretta[1],              Ma soltanto in versi e rime,

la tua idea molto brillante,.                  senza macchina da presa.

tanto che, seduta stante,                      Ciò sarebbe grave impresa.

la realizzo in tutta fretta.                       e il lavoro mi deprime

 

 

I  CANTO

 

  Sta sopra i colli tra Metauro e Foglia

Urbino, la città che dà materia

a questi versi che, di mala voglia,

ne narrano la gloria e la miseria.

La fece gente antica, sulla soglia

dell'Appennino, questa gente seria.

E sui colli ventosi a lungo stia,

se il malgoverno non la porta via.

 

  Per esser chiaro in modo universale,

quarantaquattro a nord son quasi esatti.

tredici ad est: il Palazzo Ducale

si trova qui, ma lo sanno anche i gatti.

Qui si è svolto un delitto senza eguale.

Di questo parlerò, veniamo ai fatti.

Dirò come si strazia e si delinque

verso il principio del settantacinque.

 

  Tra il cinque e il sei febbraio, nella notte,

un'ombra nera coprì la città,

si spalancarono le cupe grotte

e vomitarono, dall'aldilà,

fetidi miasmi, spettri neri a frotte:

fu un colpo al cuore della civiltà.

Il disegno di un perfido cervello

ci tolse ben due Piero e un Raffaello.

 

  Piangeva il mondo intero per l'affronto,

la radio, la tivù ed i giornali

facevano il commosso resoconto

delle gesta dei pazzi criminali

che presto avrebbero mandato il conto

al Ministro dei Beni Culturali

che appena seppe del fatto assassino

in elicottero piombò ad Urbino [2]

 

  Giunse qui con il volto paonazzo

e constatò, molto malvolentieri,

che qualche criminale o qualche pazzo

aveva fatto dei guai molto serî.

"Questa città in forma di Palazzo

fu offesa - disse -, a me, carabinieri !

Questo palazzo in forma di città

un impianto d'allarme non ce l'ha?"

 

  " Signor Ministro, le buone intenzioni

sono abbondanti nel nostro Paese

- rispose il dottor Faldi -, queste spese

sembrano enormi, in queste condizioni,

sembrano lussi, pazzesche pretese.

E soprattutto sembran molto futili

ai gran burocrati degli Enti Inutili.

 

  Pensi, Signor Ministro, a quel pezzente

che solo centoquarantun milioni [3]

prende in un anno intero e non fa niente,

a chi organizza grandi esportazioni

di lire nostre in ogni continente

per darci fama in tutte le nazioni !

Che paghino le tasse? idea infame.

Vogliamo farli morire di fame?

 

  Con qualche centinaio di miliardi

noi salveremmo tanti monumenti

che rischiano la morte (Dio ne guardi !)

che sono abbandonati e fatiscenti

dalle Alpi alla Sicilia, ed è già tardi !)

Governo ladro, i tuoi provvedimenti

hanno fatto più male ai cittadini

che tutti i barbari ed i Barberini!"

 

  La gente approva il suo parlar discreto

dicendo: "Chi ha il potere ci assassina:

bombarderebbe i musei a tappeto

come gli Americani l'Indocina.

Questi signori, con animo lieto,

porterebbero il caos e la rovina

come in Cambogia, in Laos, nel Vietnam,

questi che sanno solo far "gnam gnam!"

 

  Lo storico [4] ricorda: " Vi rammento

che il Ducato del grande Federico

dalla Romagna, verso il quattrocento,

giungeva fino a Gubbio, al tempo antico,

ed era il cuore del Rinascimento.

Su questo non c'è dubbio, ma vi dico:

Se continua così, ne sono certo,

troveremo al suo posto un gran deserto.

 

  "Per dare a Urbino - aggiunge - la Madonna

di Piero, la rubò con attenzione

il dottor Serra, ma la Gentildonna

ci giunse da Firenze, una frazione

d'Urbino, ai tempi della mia bisnonna.

la tavola della Flagellazione

era un tempo nel Duomo e siamo lieti

di dire che l'abbiam rubata ai preti".

 

  Altri ricordano quei grandi Genî

che qui vennero a dar prova di sé

quando brillava, in tempi più sereni,

l'astro di Federico che fu il Re

dei mecenati (ma non c'era l'ENI,

per fortuna) e si chiedono: "Perché

ciò che nei secoli si costruì

ce lo distrugge tutto la Dicì?"

 

  Ma c'è chi non trascura il suo dovere,

chi vuol far chiaro in questa confusione:

per ogni sasso c'è un carabiniere,

un poliziotto per ogni mattone,

e presto giungon divisioni intere

di Esercito, Marina ed Aviazione.

E in una pozza (sembrerà impossibile)

già incrocia, ben armato, un sommergibile.

 

  Il Magistrato conduce l'indagine

dall'Italia fin oltre il Canadà

da San Polo alla porta di Lavagine

e annusa circospetto, qua e là

- potrei parlarne per quaranta pagine! -

per giungere a scoprir la verità,

mentre è riunito il Civico Consesso

ed al Regime fa un duro processo.

 

  Chi può, si dice intanto nella Piazza,

pensar di vendere un tal patrimonio,

di commerciare in quadri di tal razza,

merce che scotta perfino al Demonio?

Poteva prendere, la zucca pazza,

se avesse avuto un po' di comprendonio,

cose men note, con le mani leste,

schivando Piero e il Raffa come peste.

 

Concludo il primo canto (era il momento!)

con uno sguardo, tra Rimini e Fano,

in un borgo ove trovo tutto intento

al suo lavoro un valido artigiano:

lo vedo rinnovar l'arredamento

con tre tavole ben dipinte a mano.

Vorrà mostrarle a certi suoi amici.

Ma perché son così, senza cornici?

 

 

II  CANTO

 

Il secondo canto narra      

altri fatti in altro metro       

rigirando avanti e indietro  

nella sordida gazzarra.      

 

  Superate le scosse tremende,

si riflette sul gran fatto lercio,

mentre già tutto il mondo si attende

di scoprire chi i quadri rubò.

Queste tavole, messe in commercio

valgon meno di un soldo bucato.

Già si mormora in tutto il Ducato

che per questo sperare si può.

 

  Dice il primo che, se non è scemo,

vedrà il ladro che l'ha fatta grossa,

dice l'altro che presto riavremo

i tre quadri di grande valor.

  "Criminale, tu hai fatto una mossa

- dice il terzo - da gran deficiente

e di questa patata bollente

non potrai sopportare il calor !"

 

  Ma ben presto s'insinua il serpente

di un gran dubbio: l'idea di un ricatto

già raggela e sconvolge la mente

di chi un attimo prima sperò.

  Ecco dunque spiegato il misfatto!

Attendiamo con cuore ben saldo

che ci dica quel vile ribaldo

"Date i soldi ed i quadri vi dò".

 

  Notte e giorno si attende e s'indaga.

In Comune, in Caserma in Pretura,

c'è al telefono, pur senza paga,

chi sta pronto a sentir come va.

  E l'attesa diventa più dura,

poiché sempre c'è chi ne approfitta,

c'è il cretino che vende aria fritta,

ma non sa raccontar novità.

 

  Roma Vienna, Parigi, Berlino

son percorse da un brivido lungo:

tutte queste frazioni di Urbino

guardan fissa la lor Capital.

  Chi credeva che, come un bel fungo,

rispuntasse il tesoro improvviso

è deluso, è già muto ogni viso:

lo incatena un silenzio mortal.

 

  Solo quando il fatidico trillo

rompe il cupo silenzio di tomba

dal sedil salta su come un grillo

l'impiegato di turno al Comun.

  Ma purtroppo non è una gran bomba

la notizia: egli ha fatto già il callo

alle balle del verme sciacallo

a cui già più non crede nessun.

 

  Però al cruccio si aggiunge la rabbia:

" Non c'è razza più vile e più sozza,

che ti venga la tigna e la scabbia!"

gli risponde e già pensa tra sé

che, se un giorno lo prende, lo strozza,

e riattacca, con mossa assai secca,

la cornetta, poi tira una stecca,

soffia il naso e si beve un caffè.

 

  E su ciò le parole già spese

sono assai: Non diremo poi nulla

sui bambocci che l'arte "borghese"

vanno a stramaledir qua e là.

  Questi vecchi che stan nella culla,

che si tratti di Piero o di Dante

ne discorrono come l'infante

che col ciuccio sta in braccio al papà.

 

  Ma tornando con rapida rima

a quei giorni di ansie e tormenti,

ci accorgiamo che cambia già il clima,

Passa il tempo, c'è meno tension.

  Le questioni, che come serpenti

s'insinuavano in tutti i cervelli,

lascian posto a ben altri bordelli,

mentre a nulla si dà soluzion.

 

Certo nessuno dimentica il danno subito e l'affronto,

ma se ne frega soltanto il Governo, lo Stato ch'è tonto.

Continua intanto il grande scempio,

non c'è museo, non c'è più tempio

che il ladro vil non tocchi

anche sotto i begli occhi

della nostra tivù

che già non parla più.

Anche la radio,

come un armadio

in un muro

molto duro,

sta zitta,

è fritta,

tace.

Pace

c'è,

eh?

Ssssst !

 

  Ma cos'è quel confuso fracasso,

quello strepito sempre crescente?

A migliaia qui vengono a spasso

a veder quel che qui non c'è più.

  La Città quasi scoppia di gente:

qui di Piero non c'è più un frammento,

ma c'è il chiodo (e il turista è contento)

che una tavola tenne già su.

 

  Che ci rùbino dunque in un mazzo

il Melozzo, Verrocchio ed Uccello,

che li portino via con un razzo

ben lontani dai nostri torrion.

  Che rapiscan Volponi, e con quello

il gran Bo, ché più gente alla tana

verrà qui, dove visse Laurana,

a sganciar da turista i milion!

 

" Via, coraggio, il Ministro Siviero

- dice il saggio - le trame più losche

ben conosce: è capace davvero

di scovare dal buco i birbon".

  Gli risponde il maligno: "Alle cosche

è lui stesso che chiede l'aiuto.

Dice ai ladri 'Rubate!' e il suo fiuto

nel cercare è soltanto un bidon."

 

  Ma a coloro che ancora, per caso,

ricercassero sciocchi espedienti

per poterci pigliar per il naso

noi diciamo: ne abbiamo fin qui.

  Prenderanno una botta sui denti,

salteran dalle loro poltrone

poiché tutta la popolazione

i lor sordidi trucchi scoprì.

 

 

 

 

III  CANTO

 

 

Cambio ritmo, e già su ciò                         Se il tremendo parapiglia

che ai miei versi dà sostanza                      ispirò teste più grosse

qualcun altro, con creanza,                        a far versi con la tosse

in dialetto scribacchiò,                               questo non mi meraviglia [5]

 

 

  Un anno di ansie e timori è trascorso,

quando ecco dai vicoli stretti, dal Corso,

da tutte le strade di questa città,

  un popolo accorre ed invade la Piazza.

La gente è già in preda alla gioia più pazza:

sconvolge le teste la gran novità.

 

  Allora m'intrufolo in un'osteria:

"Che cosa è successo, che c'è, gente mia?

E' forse caduto il governo?". "Ma va'!

  La testa - mi dicono - l'hai come un sasso!

Ma come potrebbe cadere più in basso

se andò sotto terra ventotto anni fa?

 

  Le tavole belle di Raffa e Pierino

son state trovate lassù nel Ticino,

in buona salute, son tutte e tre lì".

  Si sentono intanto rintocchi lontani:

il Sindaco suona, si spella le mani,

l'annuncio si  sparge da Roma a  Forlì.

 

  E quindi in due ore fa il giro del mondo.

Le indagini, rapide, arrivano al fondo:

il cerchio ad ogni ora più stretto sarà.

  Le forze dell'ordine stringono i denti,

son pronte a balzare su quei delinquenti

se non s'intromette nessun baccalà.

 

 

 

 

  Speranza delusa: L'annuncio del fatto

fu dato in anticipo, e già come un gatto

sul topo incombeva il valente ufficial!

  Ma questo non guasta la festa a noi tutti,

avremo la testa di quei farabutti:

li attende la porta del bagno penal!

 

  E giungono infine , lo vuole il destino,

(in quel pomeriggio fa un freddo assassino!)

gli oggetti per cui tutto il mondo tremò.

La gente è in delirio. Con sguardo beato

ognuno accarezza un furgone blindato

e dice: "Son tutti lì dentro, lo so".

 

  E chi non vorrebbe, anche solo un istante

veder finalmente col volto raggiante

il buon magistrato che tutto scoprì?

  E intanto si applaudono i carabinieri,

mai come in quel giorno quei mìliti fieri

son stati vicini alla gente di qui.

 

  E han detto che il loro dovere - per Bacco! -

è proprio cacciare i furfanti nel sacco,

che questo lo fanno con gusto e passion

  e che sono stanchi di chi vuol far uso

dei loro reparti per rompere il muso

a gente civile e cacciarla in prigion.

 

  Prosegue serrata l'indagine acuta:

si fruga, si ascolta, si tasta, si fiuta

in ogni credenza ed in ogni comò,

  finché si conclude la dura battaglia.

Scoperto il colpevole, un certo Pazzaglia,

al giudice questa canzone cantò:

 

 "Vidi un giorno il ritratto

della fatal Signora.

Di quel volto mi vinse la malìa.

Ero già quasi matto,

non vedevo più l'ora

di rapirla, per farla tutta mia.

Avevo carestia

di quel vile elemento

ch'è prezioso ma raro,

mi mancava il denaro.

Necessità ed amore in un momento,

fusi nella mia testa,

dissero al cuor: "Devi farle la festa!"

 

  Ritornai qui nel centro,

rigirai quelle mura

giorno e notte con l'anima stravolta,

vidi presto che dentro

i guardiani, con cura,

in due ore passavano una volta.

Ora, giudice, ascolta:

Sulla leggera scala,

col piccolo sgabello

mi arrampicai bel bello

e rapido passai di sala in sala,

arraffai la mia bella

e due cosette ch'eran presso quella.

 

  Per lasciarvi un ricordo

distaccai le cornici

con la finezza di chi sa il mestiere.

Già le dita mi mordo!

Quanti giorni felici

avrei goduto dando a un rigattiere

cose vecchiotte e vere,

meno esposte agli sguardi

delle tre tavolette

splendide e maledette?

Seppi solo per radio, un po' più tardi,

dentro la mia bottega

che non vende tal roba chi la frega".

 

Tronchiamo il lamento, ma il resto è ben noto:

c'è stato un successo, ma c'è sempre il vuoto

in testa a coloro che stanno lassù.

  Per l'arte e la scienza, per il "culturame"

non han tempo e soldi, son altre le trame

che vanno tessendo da trent'anni in giù.

 

  Trent'anni nei quali il governo di Roma

tentò di trattarci da bestie da soma,

a calci e promesse, carota e baston.

  E questa barcaccia, già piena di falle,

ci pesa, ci opprime, ci sta sulle spalle:

gettiamo nel mare chi regge il timon!


[1] Ispiratrice che proponeva un film

[2] Ovviamente il dialogo che segue non è certo da prendere  banalmente alla lettera come una  cronaca. Il Dottor Faldi era ottimo Sovrintendente ad Urbino nel 1975 (N.d.A. 1997).

[3]  Si parla ovviamente di milioni del 1975 (N.d. A.,1997)

[4] Senza riferimento preciso ad alcuno storico reale (N.d.A.,1997).

[5] Malignità evidente. C'era anche qualche verso ben fatto.